mercoledì 4 marzo 2009

Storia della trasfusione del sangue

Storia della trasfusione del sangue

La storia della trasfusione del sangue inizia in maniera documentata a metà del XVII secolo con i primi tentativi di trasfusione da animale all’ uomo.
Oltre ai problemi tecnici , che si trascineranno fino al ‘900, le informazioni disponibili e soprattutto le esperienze documentate da Jean Baptiste Denis dimostrano in questa prima fase la mancanza di chiarezza anche sulla utilità clinica della trasfusione. Gli esperimenti di Denis infatti erano finalizzati più alla cura delle malattie mentali che al rimpiazzo di carenze di globuli rossi.(...)
 E’ appena in quegli stessi anni infatti che la anatomia e la fisiologia compiono i primi significativi passi. Tra le “scoperte” significative in questo periodo vi è anche la comprensione del sistema di “circolazione” del sangue. Fatto sta che le piccole catastrofi emolitiche e non solo causate dai primi eroici tentativi trasfusionali portano al bando delle trasfusioni dai principali paesi europei e bisogna aspettare l’inizio dell’ottocento per la ripresa di sperimentazioni sempre più mirate ad un reale ed efficace fine terapeutico.
Nel 1818 James Blundell tenta la prima trasfusione “omologa” (da uomo a uomo o meglio a donna) in un caso di emorragia ostetrica. Le emorragie post partum erano ed ancor oggi in alcuni paesi sono la principale causa di mortalità materna ed in generale una delle prime cause di morte tra le donne in età fertile. Oltre agli interventi ostetrici e chirurgici appropriati la trasfusione appare già all’inizio del XIX secolo uno strumento capace a salvare la vita delle persone in corso di emorragie massive.
Durante l’800 in letteratura scientifica vengono descritte 317 trasfusioni con il 50% di mortalità.
Tra le cause attribuibili alla trasfusione in questa casistica furono osservate reazioni emolitiche, embolie da sangue coagulato, reazioni settiche. Sul fronte “tecnologico” i problemi prioritari erano legati alla disponibilità di ausili per la gestione degli accessi vascolari e alla coagulabilità del sangue. L’esperienza maturata in questo secolo permise di identificare i problemi e le virtù legati alla trasfusione del sangue, sarà però solo a partire dal 1900 con la scoperta del sistema di compatibilità AB0 che arriveranno le prime risposte definitive.
Il ‘900 come per tutta la medicina ha rappresentato il secolo delle scoperte più importanti chehanno permesso, nel caso della trasfusione, di rendere questa pratica quanto possibile efficace e sicura.
Le scoperte fondamentali e le tappe principali nel progresso della medicina trasfusionale nel ‘900 sono elencate qui di seguito:

Compatibilità AB0 ( 1900 e seguenti)
• Soluzioni anticoagulanti (citrato 1914) e refrigerazione per conservazione
• Primi centri “ trasfusionali” ed associazioni di donatori(British Red Cross 1926 - AVIS 1927)
• Soluzioni conservanti in flaconi sterili sottovuoto e (anni ‘30)
• Frazionamento proteine plasmatiche (etanolo a freddo 1941 Cohn): separazione di albumina , gammaglobuline e fibrinogeno.
• 1943 prima descrizione della epatite trasfusionale (P. Beeson)
• Prime infusioni midollo osseo (1957)
• Isolamento e concentrazione del fattore VIII (1964) per la terapia dell’emofilia
• Sacche di plastica e sistema di raccolta a circuito chiuso (sperimentale nel 1950 di routine negli anni ‘70)
• Separazione in emocomponenti (anni ‘70)
• Introduzione di Test di screening delle malattie infettive trasmissibili con il sangue (primo HBsAg 1970)
• Raccolta emocomponenti in aferesi (anni ‘80)

Come accennato nel 1900 Landstainer a Vienna dimostrò che il siero di alcuni individui potevano agglutinare o emolizzare i globuli rossi di alcuni, ma non di tutti gli individui.
In base agli incroci possibili individuò tre combinazioni differenti di gruppi sangugni che chiamò A, B e C (poi chiamato 0). L’opera di identificazione fu completata da Sturli e DeCastello che descrissero (a Trieste!) il quarto gruppo , AB, nel 1902. Furono però solo Ottenberg and Schultz nel 1907 che applicarono queste informazioni alla trasfusione e solo le esperienze maturate durante la prima guerra mondiale portarono alla adozione universale della tipizzazione AB0 per la selezione dei donatori. Con l’accumulo di esperienza però ci si rese conto che la compatibilità per alcuni soggetti andava oltre l’AB0. Levine and Stetson, in 1939, descrivono una reazione grave in una donna di gruppo 0 da sangue del marito di gruppo 0 trasfuse dopo il parto: il siero della donna agglutinava l’80% del sangue di gruppo 0, vi erano quindi altri “fattori” da identificare per garantire una trasfusione ben tollerata a tutti i pazienti.
Solo un anno dopo Landsteiner (ancora lui!) e Wiener, nel 1940, descrivono il gruppo Rh. Cinque anni dopo infine nel 1945 Coombs descrive il test dell’antiglobulina ( ma Moreschi lo aveva già osservato nel 1908 come ammetterà lo stesso Coombs). Il test di Coombs è ancor oggi il pilastro delle prove di compatibilità per la rilevazione degli anticorpi non anti-A o anti-B, ovvero gli anticorpi irregolari .
Queste ultime scoperte a cavallo della seconda guerra mondiale portano alla comprensione del meccanismo patogenetico della malattia emolitica del neonato che si manifesta come ittero grave neonatale neonatale e idrope fetale.
Il secondo dopoguerra è una rapida corsa al miglioramento tecnologico e degli standard di sicurezza della trasfusione. Gli agenti eziologici ed i markers dell’Epatite B (1970) , HIV (1983-5) ed Epatite C (1990) vengono scoperti ed i test di screening per i donatori immediatamente introdotti nella pratica trasfusionale. Le “catastrofi” nosocomiali causate dalla trasmissione dell’HIV e del HCV durante gli anni ’80 hanno accelerato per il sistema trasfusionale la affermazione di standard di qualità e di diritti del cittadino (consenso informato) nonché alcuni principi di etica pubblica (la donazione non remunerata, la trasfusione come bene pubblico con garanzia alla trasfusione per tutti i cittadini) che in maniera progressiva si sono successivamente affermati anche in altri settori sella sanità. Alcuni di questi principi e standard sono stati tradotti in norme comunitarie (UE) e soprattutto nella legislazione italiana che presidia i principali processi della attività trasfusionale.

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